CARLO TEODORO violoncello e GERMANO SCURTI bayan

Il nuovo, l’antico
musiche di J. S. Bach, S. Gubajdulina, A. Pärt

L’accostamento insolito di due strumenti fascinosi, porta alla riscoperta o alla reinvenzione di un repertorio importante dedicato alla ricerca spirituale. Teodoro e Scurti, virtuosi del loro strumento e veri specialisti della musica d’oggi, indagano l’antico, il corale luterano rivisto da Bach, e guardano alla contemporaneità di compositori tra i più originali del nostro tempo, entrambi caratterizzati da una forte, a volte straziante, tensione spirituale nella loro musica e nella loro ricerca interiore.

L’idea di “memoria al futuro” ci sembra quanto mai appropriata per descrivere lo sviluppo che negli ultimi decenni ha vissuto la fisarmonica e in particolare modo la sua versione più evoluta: il bayan. Uno strumento musicale acustico di recente invenzione ed elaborazione che desta sorpresa e nello stesso tempo familiarità.
La sua origine, radicata nella tradizione popolare, e i suoi sviluppi negli ultimi decenni nella musica colta contemporanea vanno proprio a definire questo suo carattere duplice: essere uno strumento predisposto all’inedito e al tradizionale allo stesso tempo, una marcatura che probabilmente lo rende inconfondibile. Considerazioni queste che stanno alla base del presente programma, caratterizzato appunto dalla valorizzazione della suddetta connaturata duplicità: la produzione di memoria e lo slancio verso il futuro, il sentimento della familiarità e l’attivazione perturbante dell’inedito.
La stessa combinazione bayan-violoncello che qui proponiamo rivela una altrettanto sorprendente duplicità: due diverse forme di produzione del suono che, tanto all’orecchio, quanto a una analisi fisico-acustica dello spettro armonico, rivelano una affinità tonale quanto mai unica.

Johann Sebastian Bach
Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 (1720)
Fu composta nel 1720 circa, quando Bach si trovava al servizio della corte calvinista di Köthen. Consta di una successione di un preludio e cinque danze, che alternano tempi veloci a tempi lenti.
Il Preludio è costituito da serie di arpeggi spezzati con grande forza trainante, la cui ripetizione, spesso simmetrica, è talvolta interrotta da quartine di passaggio che lentamente delineano le trasformazioni armoniche; si conclude in maniera toccante dopo una scala cromatica ascendente spezzata e un lungo pedale all’acuto.
Nell’Allemanda una formula ritmico-melodica, subito dichiarata in apertura, plasma la logica del periodo, in una serie di enunciati musicali precisi e cantabili
La Courante è in stile italiano, dal ritmo brillante e incalzante. Le particelle tematiche ricompaiono a tratti regolari sulle diverse corde dello strumento, mentre il colore diverso e il mutamento dei registri, arricchiscono la tavolozza timbrica.
La Sarabanda condensa, nella sua struttura speculare di due volte otto battute, una carica di esitante introversione melodica. Ogni battuta ha un ritmo proprio, in una tensione anelante alla cantabilità più diffusa. La tersa, raffinata eleganza dei due Minuetti (uno nel tono d’impianto, l’altro in minore) e la semplicità lirica della Giga finale, concludono l’opera in un’atmosfera di rara elevatezza spirituale.

Sofija Asgatovna Gubajdulina
In Croce (1979/2009)
La compositrice russa affermò: «il simbolo di per se stesso è un fenomeno vivo […].
Cosa vuol dire simbolo? Secondo me la massima concentrazione di significati, la
rappresentazione di tante idee che esistono anche fuori della nostra coscienza e il momento in cui questa apparizione si produce nel mondo: questo è il momento di fuoco della sua esistenza, perché le molteplici radici che si trovano al di là della coscienza umana si manifestano anche attraverso un solo gesto.»
Il simbolo utilizzato in questo brano è quello della croce, trasposta in musica a livello grafico, strutturale, esecutivo e cristologico. Una croce è formata dal suonatore di bayan che dispiega il suo strumento, un’altra croce dal violoncellista che tende l’arco sulle corde. I due strumenti iniziano a suonare proponendo forti differenze di registro, di fraseggio, di timbrica, scambiandosi poi man mano reciprocamente – sempre nel rispetto della simbologia della croce – i rispettivi parametri: registro alto/registro basso, legato/staccato, diatonismo/microcromatismo.
La musica comincia in maniera relativamente diatonica, col bayan che emette pulsazioni acute e il violoncello che intona le sue note più gravi, entrambi focalizzandosi sulla nota mi. Lentamente i due strumenti si avvicinano e, man mano che procedono verso la “collisione”, aumentano i volumi e le intensità, sprigionando quasi aggressività.
Dopo un passaggio dai tratti piuttosto selvaggi di entrambi gli strumenti, ci si inoltra lentamente verso il silenzio; gli accordi dissonanti del bayan accompagnano le note spoglie del violoncello, mentre entrambi convergono nuovamente sul mi, in un finale sobrio e cupo.

Sofija Asgatovna Gubajdulina
De Profundis (1978)
Il De Profundis è la prima opera per bayan della compositrice russa e la prima volta in cui questo strumento viene inserito in un ambito simbolico-religioso.
Fu scritto in collaborazione con il fisarmonicista Friedrich Lips, che lo eseguì a Mosca nel 1980.
La gamma delle espressioni più peculiari del bayan aderisce perfettamente alle vere e proprie intonazioni organiche del lamento, del sospiro e del respiro; cluster si alternano a sonorità quasi elettroniche, vibrazioni celestiali a cupi boati.
Non si tratta di una trasposizione sillabica o immaginabile per la voce del salmo, ma di una reazione istintiva della compositrice, invocazione e supplica, sofferenza e speranza.
Lo strumento musicale diventa un corpo vivo che affronta un viaggio nel mondo del dolore, un attraversamento caratterizzato da una specifica origine e una altrettanto specifica destinazione: dalle scure profondità della sofferenza alla luminosità dell’ascensione.

Elena Firsova
Crucifixion op. 63 (1993)
Crucifixion fu composto nella primavera del 1993 per due interpreti straordinari, Karine Georgian ed Elsbeth Moser.
Ritorna il simbolo della croce, che si spoglia della sua valenza esclusivamente cristiana, per significare l’universalità della sofferenza umana, quasi a livello archetipico.
I contorni della forma sonata sono riconoscibili in questo brano, concepito come un concerto di un solo movimento.

Arvo Pärt
Fratres
Il celeberrimo compositore estone è conosciuto e amato per la sua scrittura personalissima che recupera antichi procedimenti compositivi e utilizza un materiale musicale rarefatto.
Esplicita in lui è la rinuncia all’armamentario moderno in favore di una rinnovata essenzialità.
Così Fratres, in una versione del tutto inedita
per bayan e violoncello, presenta una serie di variazioni su un tema di poche battute che unisce l’attività, a volte frenetica, e la quiete sublime, ovvero “l’istante e l’eterno – come osserva Pärt stesso – che stanno lottando dentro di noi”.
(note a cura di Germano Scurti)
 

… un recital di Germano Scurti si propone sempre come un rito capace di suscitare in sala forze incantatorie.
The Classic Voice

OTTETTO SLOVENO

Vladimir Čadež, Rajko Meserko, Marjan Trček
Janez Triler, Jože Vidic, Darko Vidic
Janko Volčanšek, Matej Voje
musiche di J. Gallus, H. L. Hassler, F. Poulenc, V. Miškinis, M. Lauridsen, A. Pärt

Le più grandi pagine della polifonia tardo-rinascimentale a confronto con quelle dei maggiori compositori per coro del Novecento. Le voci di uno dei più prestigiosi complessi vocali da camera europei, da 60 anni sulla scena internazionale.

NUOVA ORCHESTRA DA CAMERA FERRUCCIO BUSONI

CORO DELLA CAPPELLA CIVICA DI TRIESTE

ORCHESTRA FERRUCCIO BUSONI
Violini primi: Gabriel Ferrari, Valentino Dentesani, Giuseppe Carbone, Paola Beziza, Verena Rojc
Violini secondi: Martina Lazzarini, Furio Belli, Giuseppe Dimaso, Davide Albanese, Laura Furlan
Viole: David Briatore, Giorgio Gerin
Violoncelli: Francesco Ferrarini, Cecilia Barucca
Contrabbasso: Mitsugu Harada
Flauti: Giorgio Di Giorgi, Bayarma Rinchinova
Oboi: Paola Fundarò, Gianni Scocchi
Clarinetti: Massimiliano Miani, Erik Kuret
Fagotti: Sergio Lazzeri, Serena Candolini
Corni: Simone Berteni, Martina Petrafesa
Trombe: Andrea Bonaldo, Luka Baic
Organo: Giulio De Nardo

I CANTORI DI SAN MARCO

Marco Gemmani direttore

Alice Borciani, Elena Modena, Julio Fioravanti, Marco Mustaro, Dino Lüthy, Yiannis Vassilakis, Marcin Wyszkowski

I fasti tardo rinascimentali risuonano nella vaste volute della Basilica di San Marco, per le quali la ricchezza della polifonia dell’epoca divenne un vero e proprio stile, quello “veneziano”.
I Cantori di San Marco sono “l’eccellenza dell’eccellenza”, facendo parte del prestigioso coro della Basilica veneziana, guidata ormai da lungo tempo da Marco Gemmani, che cura anche la ricerca filologica e interpretativa di moltissimi tesori musicali nati attorno alle celebrazioni liturgiche nel tempio lagunare.
Musiche di Andrea Gabrieli

Orpheus Kammerorchester Wien

Elsa Giannoulidou mezzosoprano
Konstantinos Diminakis direttore
Musiche di A. Dvořák, S. Kouyioumtzis e Inni Bizantini

La Orpheus Kammerorchester Wien nasce per opera del giovane prominente direttore greco Konstantinos Diminakis, che ne ha fatto anche espressione della comunità greca nella capitale austriaca. Il programma accosta ai Lieder Biblici di Dvorˇák un significativo lavoro del compositore greco Stavros Kouyioumtzis, scomparso nel 2005, in cui la moderna ricerca armonica affonda le proprie radici nella tradizione bizantina e in quella popolare del Peloponneso.

DAS TAGEBUCH DER ANNE FRANK (1968)

IL DIARIO DI ANNA FRANK

Monodramma in musica di Grigory Frid
prima versione italiana assoluta, traduzione di Rino Alessi
consulenza musicale di Eddi De Nadai
nel 70° anniversario della morte di Anna Frank
e della fine della Seconda Guerra Mondiale

Štefica Stipančević soprano
Irina Milivojević pianoforte
Dimitre Goueorguiev Ivanov contrabbasso
Tomaž Vouk percussioni
Aleksandar Spasić direttore
Rocc regia e scene
Jasmin Šehić lighting designer
Irina Milivojević maestro collaboratore
Tomaž Čibej direttore di scena
Strumentisti dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Lubiana
Allestimento scenico del Teatro dell’Opera di Lubiana

Nel 2012 “Il Diario di Anna Frank” di Grigory Frid fu l’opera di un compositore vivente più eseguita al mondo in assoluto.
Affidandoli ad una sola voce di soprano accompagnata da un piccolo ensemble strumentale, Frid trasforma i momenti salienti del tristemente famoso diario della ragazzina tedesca in ventuno episodi di fortissima valenza emozionale ed umana, rendendo più che mai coinvolgente la tragedia vissuta da Anna Frank, dalla sua famiglia e dall’intero popolo ebraico.
L’allestimento minimalista del Teatro sloveno intende realizzare proprio il piccolo spazio dove Anna rimase nascosta per due anni prima dell’arresto e della deportazione nel campo di concentramento dove morirà di tifo meno di un anno dopo.

LAUDA PER LA NATIVITA’ DEL SIGNORE

Ensemble vocale Ottava Nota
Ensemble strumentale Ad Maiora
Alessandro Arnoldo direttore
Musiche di Respighi, Loro

In questa Lauda dedicata al conte Guido Chigi, i cui testi sono tratti da una raccolta anonima intitolata Lauda umbra, tradizionalmente attribuiti a Jacopone da Todi, sono meravigliosamente espressi due aspetti molto caratteristici della personalità di Ottorino Respighi: un profondo senso della religione e dell’umanità, e l’amore per le forme artistiche del passato che egli fa rivivere nella sua musica di suprema maestria.
Completa il programma ancora una prima esecuzione di un brano commissionato dai Festival di Pordenone in partnership con Trento e Bolzano, su testi di Padre Turoldo.

PUER NATUS

Canti di culla dagli Appennini al Mare
Marco Carnemolla, contrabbasso e basso acustico
Maurizio Cuzzocrea, voce, chitarra battente e chitarre
Carlo Gandolfi, piffero, piva e zampogne
Franco Guglielmetti, fisarmonica
Mario Gulisano, percussioni e scacciapensieri
Maddalena Scagnelli, voce, violino e salterio

Il concerto è un viaggio nel repertorio dei canti dedicati al Figlio nelle tradizioni musicali, frutto del lavoro di ricerca di due gruppi attivi al nord e al sud Italia. Documenti sonori che dal repertorio del Monastero di Bobbio giungono fino all’Etna, la Muntagna al centro del Mediterraneo, dopo aver attraversato gli Appennini delle Quattro Province e della penisola calabrese. In un itinerario dal Medioevo alla ricerca etnomusicologica del XX secolo, sei musicisti diversi per geografia, ma simili per passioni, percorrono il canto d’amore per eccellenza, alla ricerca delle caratteristiche comuni nel tempo e nello spazio.

STORIA DI UN FIGLIO CATTIVO

Sacra rappresentazione per soprano voce ed ensemble
Musica di Filippo Bittasi
Matteo Gatta libretto e drammaturgia
Daniela Pini mezzosoprano
Matteo Gatta voce recitante
Ensemble Tempo Primo
Andrea Berardi organo
Mattia Dattolo direttore

In questa sacra rappresentazione ispirata alle Confessioni di Agostino di Ippona, la protagonista è Monica, la madre che non ha mai smesso di pregare per la conversione del figlio, un “figlio cattivo”, ritratto attraverso la lettura di passi di lettere di Agostino e soprattutto attraverso la riflessione che proprio la madre elabora rivolgendosi a Dio.
Questa coproduzione tra i Festival di Ravenna e Pordenone, nasce dalla collaborazione tra due giovanissimi talenti ravennati, il compositore Bittasi e l’attore-autore Gatta. Tutti giovani anche gli esecutori, impegnati in un progetto di grande tensione concettuale.

CEREMONY OF CAROLS

Emanuela Battigelli arpa
Piccolo Coro Artemìa
Denis Monte direttore
Musiche di Britten, Zuccante, Da Rold, Elberdin, Aernesen, Rutter

Ruota attorno al celebre capolavoro di Benjamin Britten, scritto nel 1942, il programma che vede protagonista uno dei più importanti cori giovanili del Nord Est. Le Ceremony sono una carrellata di canti popolari di carattere religioso, elaborati da Britten per coro e arpa concertante; i testi sono di anonimi medievali (carols) ma anche di autori moderni (Henry James tra gli altri). Emanuela Battigelli, nata in Friuli, è una delle più attive e apprezzate arpiste nel mondo.

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