VIKRA

STAR(E)S, sguardi di luci ed ombre

Coro da camera della Glasbena Matica di Trieste
Vincitore assoluto Grand Prix “Seghizzi” 2022
Petra Grassi, direttore
Musiche di Durighello, Bec, Wolf, Merkù, Gallus,
Čopi, Lajovic, Bonato, Naci
Per l’inaugurazione del Festival 2023 non poteva essere più emblematico il filo conduttore di questo programma: la luce delle stelle, che metaforicamente rappresenta la Speranza (tema del Festival 2023) e pervade l’oscurità dell’ombra, è il messaggio di fiducia che unisce ogni confessione religiosa e ogni filosofia nelle partiture che dal Rinascimento giungono al tardo Romanticismo, fino alle esperienze del secolo scorso e dei giorni nostri (in questo caso la nuova commissione al compositore albanese Aulon Naci su testi di Madre Teresa di Calcutta).
Il Coro Vikra, detentore di una lunga serie di premi internazionali culminata nel Grand Prix Seghizzi 2022, è una delle realtà semiprofessionali più prestigiose della nostra Regione ed è diretto da una delle figure emergenti nel panorama internazionale della direzione corale.

Servizio TGRFVG di martedì 24 ottobre 2023
Videoriprese a cura di Giorgio Simonetti
The Joy in Loving in the heart: prima esecuzione assoluta

Coro della Sat di Trento

I CANTI DEL PRESEPE

Stefano Rattini organo
Gianluca Zanolli violino
Mauro Pedrotti direttore
“Natal!”

Gran finale in teatro per il Festival Internazionale di Musica Sacra con un magnifico concerto corale. Dopo gli appuntamenti in Duomo con le due preziose realtà pordenonesi, l’Officium Consort e l’Orchestra San Marco impegnate nel repertorio rinascimentale e barocco, dopo i due concerti in auditorium Lino Zanussi con le tradizioni popolari albanese e mediterranea, il Teatro Verdi ha accolto il coro alpino forse più famoso in assoluto, il Coro della SAT di Trento, diretto da Mauro Pedrotti. Il programma tutto dedicato al Natale, con i celebri canti provenienti dai repertori regionali italiani, senza tralasciare le vicine regioni austriache e croate, ha offerto un saggio magistrale dell’arte inarrivabile di questo coro apprezzato in tutto il mondo. La perfetta intonazione, il rigore dell’esecuzione, l’insieme, la caratteristica vocalità specialmente del registro acuto, hanno entusiasmato e commosso il pubblico che ha salutato ogni esecuzione con applausi prolungati.
Ad impreziosire il programma di canti popolari (da Tu scendi dalle stelle a Adeste fideles; da Stille Nacht a una serie di nenie popolari), armonizzati da molti musicisti trentini (da Dionisi a Pedrotti) l’inserimento di due composizioni di Riccardo Zandonai, il celebre compositore della Francesca da Rimini: Natal! canto tratto dall’opera I cavalieri di Ekebù, ed un impegnativo Te Deum, con la collaborazione dell’organista Stefano Rattini e del violinista Gianluca Zanolli. Anche con il supporto degli strumenti non è venuta meno la forza vocale dell’ensemble che, grazie all’ottima acustica del teatro, non veniva penalizzata, pur trattandosi di un brano (il Te Deum) certamente più adatto ad un’esecuzione in chiesa. Due i fuori programma che hanno tremare il teatro. Una volta rispettato il compito loro assegnato nel programma sacro, il coro ha commosso il pubblico con un’esecuzione di uno dei brani più amati del repertorio alpino, La montanara. Un’esecuzione da brivido.

Orchestra San Marco Pordenone

Luca Vignali oboe
Diego Cal tromba
Roberta Canzian soprano
Walter Themel direttore
Musiche di J. S. Bach e G. F. Händel

Dopo la parentesi etnica con le incursioni nel repertorio albanese e arabo, ritorna protagonista il repertorio sacro più tradizionale, con il concerto che l’Orchestra San Marco ha tenuto in Duomo, quarto concerto del Festival Internazionale di Musica Sacra. La presenza dell’Orchestra (spesso assieme al Coro) San Marco è particolarmente significativa. Se scorriamo le venti edizioni del Festival, ben quattro vedono la presenza di questa istituzione pordenonese, già dal 1994 sotto la guida di Tiziano Forcolin, sempre con progetti commissionati dal Festival e sempre assieme ad ospiti di livello internazionale, da Lior Shambadal (oggi direttore principale del Berliner Symphoniker) a Laszlo Heltay (direttore del coro londinese Academy of St.Martin in the Fields). Il festival in questo modo vuole sostenere la realtà locali che si distinguono per la particolare serietà dell’impianto, per il radicamento sul territorio, per la progettualità che va ben al di là del territorio provinciale e regionale, riconosciuto da artisti di chiara fama che collaborano in questi progetti mirati. Così vale anche per Ensemble Orologio, Officium Consort, Orchestra Barocca Tiepolo, Coro del FVG.
Il concerto di venerdi 9 dicembre ha confermato la validità di questa impostazione. L’Orchestra “San Marco” di Pordenone ha presentato un programma con quattro capolavori dei due sommi maestri del barocco musicale tedesco, Bach e Händel. Nel Concerto in sol min. per oboe archi e continuo di Händel, abbiamo avuto la possibilità di apprezzare il solista Luca Vignali, primo oboe del Teatro dell’Opera di Roma, uno dei migliori al mondo. Il soprano Roberta Canzian ha presentato l’impervia Cantata di Bach n. 51 “Jauchzet Gott in allen Landen” per soprano tromba archi e continuo, e due arie dal “Messiah” di Händel. La sua voce dal timbro dolce ed espressivo, ben rendeva la drammaticità della scrittura di Bach, ma anche la teatralità brillante ed estroversa in Händel. Accanto a lei il trombettista pordenonese Diego Cal, la cui arte straordinaria sia da un punto di vista tecnico strumentale che stilistico, è un punto di riferimento per tutti gli interpreti del repertorio barocco. Concludeva il programma la Suite di Bach in re maggiore, bwv 1068, quella con la celeberrima Aria sulla quarta corda, in un tripudio di colori orchestrali. Dirigeva Walter Themel, con grande forza espressiva, verve comunicativa, attentissima lettura del testo, sottolineando ogni inflessione della partitura, ora drammatica, ora evocativa, ora scherzosa (nei ritmi di danza della Suite) del programma costruito con fantasia e intelligenza. Duomo gremito in ogni ordine, e successo calorosissimo.
Orchestra e Coro San Marco hanno recentemente festeggiato i 40 anni di attività. Una attività intensa e costruttiva, svoltasi per lo più sul territorio della Provincia di Pordenone ma con importanti uscite all’esterno, potenziata e modulata secondo criteri tesi a valorizzare l’importante tradizione musicale del Friuli Occidentale e costituita da innumerevoli stagioni concertistiche e centinaia di concerti sinfonici e corali. Ritorna al Festival con una importante produzione tutta dedicata alla Cantata e all’Oratorio, all’arte strumentale barocca, ai due grandi padri del barocco musicale tedesco.

La Frontera: la spiritualità araba e andalusa

Miranda Cortès fisarmonica cromatica e voce
Michele Sguotti violino, viola e voce
Michele Pucci chitarra flamenca
Lorenzo Gasperoni percussioni
Samia Charbel darabuka e voce

La possibilità di utilizzare l’auditorium consente a questa XX edizione del Festival Internazionale di Musica Sacra di riprendere un filone etnico che non è possibile portare in chiesa. A volte il tipo di organico strumentale, la schiettezza di testi o di riferimenti musicali, i culti non cattolici, inducono a prediligere il più laico auditorium. Nelle passate edizioni, l’auditorium Concordia ha ospitato molti concerti che hanno arricchito l’indagine multiculturale sulla musica sacra o di ispirazione religiosa, proponendo i più diversi repertori, con interpreti di assoluto rilievo. È giusto ricordare brevemente i molti concerti Gospel e Spiritual per la tradizione afroamericana, la presenza di Moni Ovadia per il repertorio legato alla tradizione ebraica, Alice per il pop americano, Vizöntö per la tradizione magiara, Tenores di Bitti, Gitani di Perpignan, Musafir, Tekameli per la mistica orientale e quella mediterranea più vicina a noi.
Come la settimana scorsa con l’ensemble vocale albanese, anche l’esibizione dell’ensemble vocale e strumentale “La Frontera” ha avuto come cornice l’Auditorium Lino Zanussi, questa volta con un afflusso di pubblico addirittura superiore alla capienza della sala. Il titolo del progetto, “Mar Bianco” (ossia Mare Mediterraneo) ben riassumeva quello che Michele Pucci, Michele Sguotti, Lorenzo Gasperoni e Miranda Cortès, con la partecipazione straordinaria di Samia Charbel, hanno proposto: una miscellanea di composizioni, ora tradizionali originali ora nuove, provenienti dalle tradizioni mistiche della Turchia, Andalusia, Arabia, Algeria, Egitto, Libano. Un viaggio a ritroso nel tempo, sulle sponde di un bacino, quello Mediterraneo, che ha visto nascere la cultura classica e dove affondano le radici della nostra civiltà. Un mare che ha accolto le rotte commerciali e quindi gli scambi culturali per secoli e millenni tra i popoli che vi si affacciano, che ha visto guerre feroci per il controllo di tali rotte; che più recentemente ha visto anche i viaggi disperati di chi, scappando da guerre o miseria, cerca una speranza di futuro e spesso incontra la morte.

MAR BIANCO

Musiche della tradizione araba, andalusa, sufi, sefardita, tunisina, algerina

“Mar Bianco” è il nome col quale anticamente veniva chiamato dai Turchi il Mediterraneo, il mare che ha da sempre permesso contatti e mescolanze sia culturali che linguistiche tra le genti che ne abitano le rive.
La Frontera, durante l’epoca della Reconquista della Spagna ai danni dei Mori, era quella mobilissima ed estremamente osmotica linea di confine tra la cristianità e il mondo musulmano, che ha lasciato segni evidenti in Andalusia non solo nella toponomastica e nella lingua, ma anche nella musica.
L’ensemble “La Frontera” presenta un omaggio alla tradizione musicale musulmana, dal Maghreb al Mashreq, ed in particolare ai suoi aspetti maggiormente legati alla spiritualità.

Gruppo Polifonico Zadeja

Canti della tradizione religiosa e popolare albanese

Vestiti dei caratteristici variopinti costumi delle montagne del sud dell’Albania, i coristi del Gruppo Polifonico Zadeja polarizzano immancabilmente l’attenzione del pubblico dell’auditorium della Casa. E’ un concerto assolutamente originale e di grande fascino quello proposto nel secondo appuntamento del XX Festival di Musica Sacra: la musica tradizionale albanese con un complesso che è probabilmente il più rappresentativo, dal punto di vista sia musicologico che artistico, del recupero del folklore musicale del Paese delle Aquile del post comunismo.
Albania, nome che ancora rimanda facilmente a drammatici luoghi comuni, dagli ormai mitici gommoni che attraversavano l’Adriatico ad eventi di criminalità legati purtroppo agli interessi di molti. Più difficile constatarne l’identità geografica e culturale, pur importante e la cui scoperta apre scenari di incredibile fascino. Ci aveva provato il Duce, ma con altri scopi, alcuni decenni fa, con risultati goffi che hanno creato solo una inutile frattura umana tra i nostri popoli, tuttora non del tutto sopita.
Tornando alla musica albanese, essa conserva tesori di tradizione millenaria sopravissuti ai cinquecento anni di dominazione ottomana, sulle impervie montagne dove l’esercito turco non osò avventurarsi, come alla devastante dittatura oltre quanrant’anni.
Gli albanesi non sono religiosi nel senso più comune del termine, perché le generazioni passate attraverso il regime comunista hanno subito un incredibile annullamento della facoltà intellettuale di credere in qualcosa che non fosse il Compagno Enver e il Partito. Così la religiosità albanese è rimasta legata ad una sorta di ritualità naturale, scandita da abitudini e leggi ancestrali che rimangono tali anche nelle manifestazioni attuali di una molteplicità di confessioni pacificamente conviventi, dall’islamismo moderato, al cristianesimo ortodosso, cattolico e protestante.
Prova ne è la musica ortodossa e musulmana presentata dal Gruppo Zadeja, pervasa della stessa atmosfera dei canti popolari, affascinante silloge di ritmi complessi, di armonie stridenti e arditi contrappunti, di imitazioni di suoni della natura, racchiusi all’interno di strutture per nulla disordinate ma chiaramente definite. Se vi sono riconoscibili a volte i tratti della musica balcanica, le peculiarità armoniche, la presenza frequente di un bordone tenuto e la stessa vocalità gutturale che si espande su una estesa gamma d’intonazione, accomunano curiosamente, ma non casualmente, questi canti con quelli della tradizione sarda e corsa, testimonianza di quelle “contaminazioni mediterranee” che saranno indagate nel prossimo concerto del Festival, “Mar Bianco”.
Le vicende storiche dell’Albania, dalla lunghissima dominazione turca alla dittatura da poco finita, non hanno impedito al Paese di coltivare quasi con gelosia, oltre che con fierezza, una tradizione musicale ricca, suggestiva e assolutamente originale. Nel contempo, nonostante l’“invasione” musulmana e la repressione civile e culturale del Secondo Novecento, il senso del sacro e della spiritualità è rimasto nella memoria di una religiosità che in questi ultimi anni, nella pluralità delle confessioni, sta chiedendo sempre maggiori spazi. Il Gruppo Zadeja è il “depositario storico” della tradizione musicale popolare albanese, in questi ultimi anni oggetto di sempre più approfondite indagini musicologiche.

Officium ConsortEnsemble Orologio

Esequie musicali per la morte dell’Imperatrice Isabella di Portogallo

DAVIDE DE LUCIA maestro di concerto

Cristobal de Morales –
Missa pro defunctis a 5 voci

Il Duomo di San Marco ha ospitato il primo concerto del XX Festival Internazionale di Musica Sacra, venerdi 11 novembre scorso, primo di cinque appuntamenti che si terranno anche nell’Auditorium del Centro A. Zanussi e si concluderanno al Teatro Verdi. Vent’anni di festival sono una ricorrenza significativa per un appuntamento che ha contribuito ad arricchire con una proposta originale e multiforme, nel corso degli anni, il panorama culturale di Pordenone. Per questa apertura è stato scelto un progetto condotto a quattro mani da due associazioni musicali della nostra terra, l’ensemble Orologio ed il coro virile Officium Consort, quest’ultimo al decimo anno di attività. Si tratta di due ensemble di prim’ordine, che spesso affrontano progetti ambiziosi in collaborazione con solisti di livello internazionale. Ed anche in questo caso hanno presentato un concerto di livello straordinario, condotto con mirabile sapienza interpretativa ma con un gusto, una freschezza ed una personalità che hanno favorevolmente impressionato il folto pubblico del Duomo che ha salutato l’esibizione con lunghi e prolungati applausi.
Il programma prevedeva la Missa pro defunctis del compositore andaluso Cristobal de Morales, pubblicata a Roma nel 1544 negli anni in cui il compositore fu cantore della Cappella Pontificia. La messa fu (molto probabilmente) eseguita in quell’anno per le esequie solenni per la morte della moglie dell’imperatore Carlo V, Isabella di Portogallo.
Pur in un contesto certamente ‘funebre’ il concerto ha visto un vivace ed intelligente alternare le parti della messa con intermezzi strumentali affidati all’Ensemble Orologio (straordinario il coro di tromboni ed eccellente il cornettista) e all’organista Lorenzo Marzona, in cantoria sul bellissimo Nacchini. Tutto il coro ha dato prova di ottima intonazione e vivacità dinamica, sotto la guida perfetta di Davide de Lucia. In evidenza l’eccellenza del settore dei contraltisti ed il basso solista.
L’Officium Consort di Pordenone è il risultato di un progetto formativo iniziato all’interno dell’U.S.C.I., dedicato all’interpretazione del canto corale ad indirizzo polifonico, particolarmente rivolto alla vocalità virile. Per celebrare il decimo anniversario della fondazione, presenta questo ambizioso progetto, “Esequie musicali per la morte dell’imperatrice Isabella di Portogallo”, con la Missa pro defunctis a 5 voci del compositore spagnolo Cristobal Morales, scritta, a quanto risulta, per quella memorabile e particolare circostanza.
L’Officium Consort rappresenta una rarità nel panorama della coralità amatoriale per gli obiettivi di ricerca vocale, stilistica, di prassi esecutiva e di organico, spesso in collaborazione con realtà professionali di livello internazionale, come in questo caso.

AVE KOMORNI ZBOR LJUBLJANA

Coro da camera AVE Lubiana
Jerica Gregorc Bukovec
direttore

Il Coro da Camera AVE di Lubiana, protagonista nel Duomo Concattedrale San Marco di Pordenone venerdì 21 dicembre, ultimo concerto del Festival Internazionale di Musica Sacra 2012 – organizzato da Presenza e Cultura e Centro Iniziative Culturali Pordenone -, è assai noto come uno dei migliori cori amatoriali d’Europa, forse il primo in Slovenia.
L’apparizione pordenonese non ha lasciato dubbi su questa fama: precisione, disciplina, controllo assoluto del suono e dell’amalgama sonoro. Qualità di cui è sicuramente artefice la giovane direttrice Jerica Gregorc Bukovec, dal 2010 alla guida di questo gruppo che sa dominare con eccezionale carisma e autorità, oltre che con una tecnica frutto di una preparazione di alto livello.

Il Coro da Camera AVE di Lubiana, protagonista nel Duomo Concattedrale San Marco di Pordenone venerdì 21 dicembre, ultimo concerto del Festival Internazionale di Musica Sacra 2012 – organizzato da Presenza e Cultura e Centro Iniziative Culturali Pordenone -, è assai noto come uno dei migliori cori amatoriali d’Europa, forse il primo in Slovenia.
L’apparizione pordenonese non ha lasciato dubbi su questa fama: precisione, disciplina, controllo assoluto del suono e dell’amalgama sonoro. Qualità di cui è sicuramente artefice la giovane direttrice Jerica Gregorc Bukovec, dal 2010 alla guida di questo gruppo che sa dominare con eccezionale carisma e autorità, oltre che con una tecnica frutto di una preparazione di alto livello.

GENTLEMEN SINGERS

Jakub Kubín controtenore
Martin Ptácek, Lukáš Merkl, Radek Mach tenori
Aleš Malý, Martin Struna baritoni
Richard Uhlír, Václav Kovár bassi

Ormai celebre in tutta Europa e negli USA, l’ottetto GENTLEMEN SINGERS è uno dei più significativi gruppi vocali cechi. Ampio spazio nel suo repertorio trovano non solo gli autori principali del Novecento dell’Europa dell’Est e delle Repubbliche Baltiche ma innumerevoli arrangiamenti di musiche popolari e tradizionali espressamente create per il gruppo.
La suggestiva e suadente sonorità del loro originale impasto vocale traccerà un percorso spirituale che conduce ed evoca atmosfere che hanno il Natale come punto di riflessione e ispirazione principale.

EX NOVO ENSEMBLE

Daniele Ruggeriflauto, Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazariviolino, Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvietopianoforte

L’inizio, l’origine inconoscibile, il tempo prima del tempo, l’eterno ri-cominciare da “Zero”. E’ questo il sacro gesto che dal nulla origina il tutto, che dal silenzio genera il suono. Ed è proprio il continuo ritorno a quell’immobile sterminato silenzio che spinge la ricerca compositiva di Michele Dall’Ongaro, verso quell’istante “Zero” dove sempre nuovo (ex novo) il suono ha origine e, con esso, il tempo inventa se stesso mettendosi in moto.
Così il tempo e il suo incantato ripercorrersi genera la vita, si fa terra e mare, si veste della sacra voce della natura che l’uomo contemporaneo nella sua autodistruttiva arroganza non vuol più ascoltare, condannandosi alla caducità, all’estinzione.
Ed è proprio questa incapacità di sentire, questa perdita dell’eterno, questa caduta dal paradiso, che viene descritta nella parabola compositiva di “The apple tree” di Ludovico Einaudi. Dove il suono, in origine puro, si macchia del peccato, corrompendosi a causa di quel frutto proibito di conoscenza, divenendo carne e sangue e facendosi umano, profondamente umano, divenendo mortale e perciò vitale, parossisticamente vitale (quasi jazz).
Completano il programma lavori di chiara ispirazione religiosa come il giovanile Trio di Galina Utvolskaya, una compositrice che ha saputo trovare nella religiosità la forza creativa che le ha consentito di sopportare decenni di incomprensione e indifferenza totale, dando vita ciò nonostante a opere di grande bellezza e originalità. Questo Trio fu, tra l’altro, opera molto ammirata da Sostakovic (Maestro della Utvolskaya) che ne citò dei temi nel suo quinto quartetto, nelle sue liriche su testi di Michelangelo e nella sua ultima opera: la sonata per viola a testimonianza dell’affetto e considerazione in cui teneva quest’artista.
E ancora le “Three Meditation from “Mass” di Leonard Bernstein dove la spiritualità sembra ricongiungersi in una visione del sacro, dove la riflessione filosofica si compenetra profondamente col misticismo orientale.

ENSEMBLE BAROCCO G.D. TIEPOLO

Pierluigi Fabretti, oboe barocco
Vania Pedronetto, maestro di concerto

Per il concerto di apertura del XXI Festival Internazionale di Musica Sacra, il Duomo di Pordenone ha concesso la consueta meravigliosa cornice e ha accolto con grande calore due eccellenze artistiche del nostro territorio: l’Ensemble Barocco Tiepolo e l’oboista Pier Luigi Fabretti. Se infatti la caratteristica dell’internazionalità verrà celebrata con gli ultimi due dei quattro concerti in cartellone (quelli dedicati alla coralità, con due prestigiosi gruppi provenienti dalla Repubblica Ceca e dalla Slovenia), il concerto del 13 novembre scorso puntava l’attenzione sul fattore “locale”, ossia della valorizzazione di quanto il nostro territorio riesce ad esprimere di alto livello. Anzi di altissimo livello. Infatti Pier Luigi Fabretti è oggi certamente uno dei più grandi oboisti al mondo, almeno tra quanti si dedicano esclusivamente al repertorio barocco sugli strumenti originali. E durante il concerto ne ha dato prova tangibile, nella prima parte con il Concerto di Albinoni n.2 op.9 e, in conclusione della seconda parte, nel meraviglioso Concerto di Bach BWV 1055 per oboe d’amore. Occasione preziosa questa, per ammirare la timbrica di uno strumento che oggi ben raramente si ha la possibilità di ascoltare. Infatti, l’evoluzione tecnica ha portato nel corso degli anni gli strumenti oggi in uso ad aumentare la loro potenza e sicurezza di intonazione, in un processo di uniformità ed omologazione, a discapito della morbidezza e della personalità dello strumento antico. Colori che solo l’esecuzione (di altissimo livello, come in questo caso) su copie di strumenti originali ci può restituire. Ad accompagnare Fabretti l’Ensemble Tiepolo, che ha fornito una eccellente resa agogica e dinamica di un programma tutto incentrato sul concerto grosso e la sonata da chiesa, alla cui guida Vania Pedronetto si è rivelato musicista di grande eleganza. Anche nel fuori programma, duettando col Solista nel primo tempo del concerto di Vivaldi per oboe e violino.

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