- 4 Dicembre 2011
- ore 11:00
- Casa dello Studente Antonio Zanussi Pordenone
La Frontera: la spiritualità araba e andalusa
Miranda Cortès fisarmonica cromatica e voce
Michele Sguotti violino, viola e voce
Michele Pucci chitarra flamenca
Lorenzo Gasperoni percussioni
Samia Charbel darabuka e voce
La possibilità di utilizzare l’auditorium consente a questa XX edizione del Festival Internazionale di Musica Sacra di riprendere un filone etnico che non è possibile portare in chiesa. A volte il tipo di organico strumentale, la schiettezza di testi o di riferimenti musicali, i culti non cattolici, inducono a prediligere il più laico auditorium. Nelle passate edizioni, l’auditorium Concordia ha ospitato molti concerti che hanno arricchito l’indagine multiculturale sulla musica sacra o di ispirazione religiosa, proponendo i più diversi repertori, con interpreti di assoluto rilievo. È giusto ricordare brevemente i molti concerti Gospel e Spiritual per la tradizione afroamericana, la presenza di Moni Ovadia per il repertorio legato alla tradizione ebraica, Alice per il pop americano, Vizöntö per la tradizione magiara, Tenores di Bitti, Gitani di Perpignan, Musafir, Tekameli per la mistica orientale e quella mediterranea più vicina a noi.
Come la settimana scorsa con l’ensemble vocale albanese, anche l’esibizione dell’ensemble vocale e strumentale “La Frontera” ha avuto come cornice l’Auditorium Lino Zanussi, questa volta con un afflusso di pubblico addirittura superiore alla capienza della sala. Il titolo del progetto, “Mar Bianco” (ossia Mare Mediterraneo) ben riassumeva quello che Michele Pucci, Michele Sguotti, Lorenzo Gasperoni e Miranda Cortès, con la partecipazione straordinaria di Samia Charbel, hanno proposto: una miscellanea di composizioni, ora tradizionali originali ora nuove, provenienti dalle tradizioni mistiche della Turchia, Andalusia, Arabia, Algeria, Egitto, Libano. Un viaggio a ritroso nel tempo, sulle sponde di un bacino, quello Mediterraneo, che ha visto nascere la cultura classica e dove affondano le radici della nostra civiltà. Un mare che ha accolto le rotte commerciali e quindi gli scambi culturali per secoli e millenni tra i popoli che vi si affacciano, che ha visto guerre feroci per il controllo di tali rotte; che più recentemente ha visto anche i viaggi disperati di chi, scappando da guerre o miseria, cerca una speranza di futuro e spesso incontra la morte.
MAR BIANCO
Musiche della tradizione araba, andalusa, sufi, sefardita, tunisina, algerina
“Mar Bianco” è il nome col quale anticamente veniva chiamato dai Turchi il Mediterraneo, il mare che ha da sempre permesso contatti e mescolanze sia culturali che linguistiche tra le genti che ne abitano le rive.
La Frontera, durante l’epoca della Reconquista della Spagna ai danni dei Mori, era quella mobilissima ed estremamente osmotica linea di confine tra la cristianità e il mondo musulmano, che ha lasciato segni evidenti in Andalusia non solo nella toponomastica e nella lingua, ma anche nella musica.
L’ensemble “La Frontera” presenta un omaggio alla tradizione musicale musulmana, dal Maghreb al Mashreq, ed in particolare ai suoi aspetti maggiormente legati alla spiritualità.
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Due sono le fonti ispiratrici di questo XX Festival Internazionale di Musica Sacra: da una parte una rinnovata attenzione all’elemento etnico, dall’altra la ricerca dei più tradizionali elementi del sacro nella produzione barocca e rinascimentale.
L’elemento etnico è inteso non come mero interesse musicologico per l’esotico ma soprattutto come valorizzazione di un elemento di assoluta realtà storica: la nostra società ormai multietnica fornisce lo spunto per indagare le tradizioni e le culture musicali di “stranieri” che vivono tra di noi e delle quali sappiamo assai poco.
Ben due concerti sono dunque dedicati alle tradizioni popolari, legate alla religiosità e alla spiritualità, dell’Albania e dei paesi mediterranei accomunati nella cultura araba.
Curiosamente in questi due appuntamenti sono posti a confronto gli effetti dell’islamizzazione del Mediterraneo: mentre la tradizione musicale albanese è rimasta pressoché intatta e radicata, nonostante i cinque secoli di occupazione ottomana per essere invece offuscata dai pochi decenni di una feroce dittatura, la Spagna e tutta la costa settentrionale africana sono state profondamente permeate dalla cultura musicale arabo – ottomana commista a quella ebraica.
Si inserisce in questo contesto, benché qui l’accezione ‘popolare’ assuma una connotazione ben diversa, anche l’atteso concerto del Coro della SAT (Società Alpinisti Tridentini), che con suoi 85 anni di storia, è divenuto il simbolo di un genere musicale unico al mondo e peculiarmente italiano: il “canto di montagna”, elaborato per voci maschili e realizzato con una tecnica vocale raffinatissima e inconfondibile. I “canti di Natale”, patrimonio inestimabile di una secolare cultura popolare, non potevano mancare nel repertorio sconfinato di questo sodalizio, che li presenta nelle suggestive armonizzazioni di alcuni tra i maggiori compositori italiani del Novecento. Il lavoro di ricerca e recupero dell’enorme patrimonio del canto popolare delle Alpi italiane, ad opera dei fondatori del Coro, e l’impeccabile cura delle interpretazioni, ha visto fiorire, soprattutto nel secondo dopoguerra, un gran numero di formazioni vocali che ne hanno imitato il repertorio.
A queste tre proposte di ispirazione etnica fanno da contraltare due importanti produzioni che ci riportano al più tradizionale ambito, quello della musica sacra della tradizione occidentale, delle grandi forme come la Messa, l’Oratorio, la Cantata. Sono affidate a compagini della nostra terra, che però si avvalgono di prestigiose collaborazioni quando si tratta di realizzare progetti ambiziosi. Ecco allora la proposta delle Esequie musicali per la morte di Isabella, consorte dell’imperatore Carlo V, da parte di Officium Consort e Ensemble Orologio, che ci riporta alle atmosfere cinquecentesche di una scrittura musicale alla ricerca dello sdoganamento dal modello fiammingo allora imperante. E poi i fasti del barocco musicale tedesco nel segno di Bach e Händel, proposti dall’Orchestra San Marco, arricchita dalla partecipazione di solisti di grande livello.
Franco Calabretto e Eddi De Nadai - Direzione artistica
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