- 27 Novembre 2011
- ore 11:00
- Casa dello Studente Antonio Zanussi Pordenone
Gruppo Polifonico Zadeja
Canti della tradizione religiosa e popolare albanese
Vestiti dei caratteristici variopinti costumi delle montagne del sud dell’Albania, i coristi del Gruppo Polifonico Zadeja polarizzano immancabilmente l’attenzione del pubblico dell’auditorium della Casa. E’ un concerto assolutamente originale e di grande fascino quello proposto nel secondo appuntamento del XX Festival di Musica Sacra: la musica tradizionale albanese con un complesso che è probabilmente il più rappresentativo, dal punto di vista sia musicologico che artistico, del recupero del folklore musicale del Paese delle Aquile del post comunismo.
Albania, nome che ancora rimanda facilmente a drammatici luoghi comuni, dagli ormai mitici gommoni che attraversavano l’Adriatico ad eventi di criminalità legati purtroppo agli interessi di molti. Più difficile constatarne l’identità geografica e culturale, pur importante e la cui scoperta apre scenari di incredibile fascino. Ci aveva provato il Duce, ma con altri scopi, alcuni decenni fa, con risultati goffi che hanno creato solo una inutile frattura umana tra i nostri popoli, tuttora non del tutto sopita.
Tornando alla musica albanese, essa conserva tesori di tradizione millenaria sopravissuti ai cinquecento anni di dominazione ottomana, sulle impervie montagne dove l’esercito turco non osò avventurarsi, come alla devastante dittatura oltre quanrant’anni.
Gli albanesi non sono religiosi nel senso più comune del termine, perché le generazioni passate attraverso il regime comunista hanno subito un incredibile annullamento della facoltà intellettuale di credere in qualcosa che non fosse il Compagno Enver e il Partito. Così la religiosità albanese è rimasta legata ad una sorta di ritualità naturale, scandita da abitudini e leggi ancestrali che rimangono tali anche nelle manifestazioni attuali di una molteplicità di confessioni pacificamente conviventi, dall’islamismo moderato, al cristianesimo ortodosso, cattolico e protestante.
Prova ne è la musica ortodossa e musulmana presentata dal Gruppo Zadeja, pervasa della stessa atmosfera dei canti popolari, affascinante silloge di ritmi complessi, di armonie stridenti e arditi contrappunti, di imitazioni di suoni della natura, racchiusi all’interno di strutture per nulla disordinate ma chiaramente definite. Se vi sono riconoscibili a volte i tratti della musica balcanica, le peculiarità armoniche, la presenza frequente di un bordone tenuto e la stessa vocalità gutturale che si espande su una estesa gamma d’intonazione, accomunano curiosamente, ma non casualmente, questi canti con quelli della tradizione sarda e corsa, testimonianza di quelle “contaminazioni mediterranee” che saranno indagate nel prossimo concerto del Festival, “Mar Bianco”.
Le vicende storiche dell’Albania, dalla lunghissima dominazione turca alla dittatura da poco finita, non hanno impedito al Paese di coltivare quasi con gelosia, oltre che con fierezza, una tradizione musicale ricca, suggestiva e assolutamente originale. Nel contempo, nonostante l’“invasione” musulmana e la repressione civile e culturale del Secondo Novecento, il senso del sacro e della spiritualità è rimasto nella memoria di una religiosità che in questi ultimi anni, nella pluralità delle confessioni, sta chiedendo sempre maggiori spazi. Il Gruppo Zadeja è il “depositario storico” della tradizione musicale popolare albanese, in questi ultimi anni oggetto di sempre più approfondite indagini musicologiche.
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Due sono le fonti ispiratrici di questo XX Festival Internazionale di Musica Sacra: da una parte una rinnovata attenzione all’elemento etnico, dall’altra la ricerca dei più tradizionali elementi del sacro nella produzione barocca e rinascimentale.
L’elemento etnico è inteso non come mero interesse musicologico per l’esotico ma soprattutto come valorizzazione di un elemento di assoluta realtà storica: la nostra società ormai multietnica fornisce lo spunto per indagare le tradizioni e le culture musicali di “stranieri” che vivono tra di noi e delle quali sappiamo assai poco.
Ben due concerti sono dunque dedicati alle tradizioni popolari, legate alla religiosità e alla spiritualità, dell’Albania e dei paesi mediterranei accomunati nella cultura araba.
Curiosamente in questi due appuntamenti sono posti a confronto gli effetti dell’islamizzazione del Mediterraneo: mentre la tradizione musicale albanese è rimasta pressoché intatta e radicata, nonostante i cinque secoli di occupazione ottomana per essere invece offuscata dai pochi decenni di una feroce dittatura, la Spagna e tutta la costa settentrionale africana sono state profondamente permeate dalla cultura musicale arabo – ottomana commista a quella ebraica.
Si inserisce in questo contesto, benché qui l’accezione ‘popolare’ assuma una connotazione ben diversa, anche l’atteso concerto del Coro della SAT (Società Alpinisti Tridentini), che con suoi 85 anni di storia, è divenuto il simbolo di un genere musicale unico al mondo e peculiarmente italiano: il “canto di montagna”, elaborato per voci maschili e realizzato con una tecnica vocale raffinatissima e inconfondibile. I “canti di Natale”, patrimonio inestimabile di una secolare cultura popolare, non potevano mancare nel repertorio sconfinato di questo sodalizio, che li presenta nelle suggestive armonizzazioni di alcuni tra i maggiori compositori italiani del Novecento. Il lavoro di ricerca e recupero dell’enorme patrimonio del canto popolare delle Alpi italiane, ad opera dei fondatori del Coro, e l’impeccabile cura delle interpretazioni, ha visto fiorire, soprattutto nel secondo dopoguerra, un gran numero di formazioni vocali che ne hanno imitato il repertorio.
A queste tre proposte di ispirazione etnica fanno da contraltare due importanti produzioni che ci riportano al più tradizionale ambito, quello della musica sacra della tradizione occidentale, delle grandi forme come la Messa, l’Oratorio, la Cantata. Sono affidate a compagini della nostra terra, che però si avvalgono di prestigiose collaborazioni quando si tratta di realizzare progetti ambiziosi. Ecco allora la proposta delle Esequie musicali per la morte di Isabella, consorte dell’imperatore Carlo V, da parte di Officium Consort e Ensemble Orologio, che ci riporta alle atmosfere cinquecentesche di una scrittura musicale alla ricerca dello sdoganamento dal modello fiammingo allora imperante. E poi i fasti del barocco musicale tedesco nel segno di Bach e Händel, proposti dall’Orchestra San Marco, arricchita dalla partecipazione di solisti di grande livello.
Franco Calabretto e Eddi De Nadai - Direzione artistica
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