• 27 Ottobre 2013
  • ore 20:45
  • Duomo Concattedrale di San Marco
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IL CENACOLO MUSICALE

GEMMA BERTAGNOLLI, soprano
silvia colli marialuisa barbon, violini
clelia gozzo, viola
gioele gusberti, violoncello
daniele carnio, violone
pierpaolo ciurlia, tiorba
donatella busetto, organo

Un affresco sonoro di un’epoca nella quale l’Italia era non una scuola bensì “La Scuola” della Musica: Roma, Bologna, Napoli e i Riti della Chiesa Cattolica Romana sono fonti d’ispirazione per creazioni artistiche tra le più alte che la storia della musica possa annoverare.
Il Cenacolo Musicale, realtà tra le più importanti del nostro territorio per la ricerca filologica del repertorio barocco, propone una silloge di composizioni che testimoniano la sontuosità e il carattere inconfondibile della musica religiosa in Italia a cavallo tra XVII e XVIII secolo. Proposta impreziosita dalla presenza di una delle interpreti di riferimento a livello mondiale per la musica barocca italiana, Gemma Bertagnolli.

Ordire un programma musicale è come raccontare una favola nella quale si presentano e si fanno incontrare attraverso pagine di musica, personaggi le cui vicende artistiche si sono intersecate, magari solo un istante appena, ma sufficiente a segnare la storia.
È il caso di questo nostro racconto; immaginate un tempo nel quale il prestigio d’una casata o di un regno si misurava con il metro della prodigalità artistica, un affresco sonoro della nostra storia gloriosa nella quale l’Italia era non una scuola bensì
“La Scuola” della Musica ed in special modo Bologna, Roma e Napoli. E proprio intrecciando i precetti estetici di queste tre realtà che ne scaturisce la nostra vicenda.
La Roma di fine Seicento e per tutto il diciottesimo secolo, era una terra ove il genio era subito riconosciuto, dove il mecenate non mancava di sostenere grandiosi progetti siano essi architettonici che musicali, un polo che radunava pertanto i più
eruditi, moderni, ambiziosi artisti d’ogni luogo d’Italia e d’Europa.
La presenza di Corelli, proprio nel segmento temporale d’oro di questa terra, il primo settecento, contribuì senza dubbio a radunare i migliori musici dell’epoca e a tracciare le linee guida che portarono alla scuola violinistica, dalla quale quella d’oggi prese poi le mosse.
Ma non fu il genere strumentale a dominare, questo dovette spartire le preferenze dei compositori con quello vocale da camera e da Chiesa (compresi gli Oratori), nel quale, a volte anche più che nell’Opera, confluirono gli affetti ed effetti, nonché i gusti estetici più raffinati e moderni; testimone di questo è senza dubbio proprio l’ultimo componimento in
programma, il Gloria di Händel. Scritto nel periodo romano nel quale il compositore fu “alla corte” proprio del Corelli, esso riassume senza dubbio quelle ambizioni musicali che il Caro Sassone (come fu battezzato Händel) sviluppò poi nell’Opera che lo fece grande in tutta Europa: la voce è trattata come uno
strumento (con stesse agilità e prassi) e parimenti il violino è trattato come la voce (stessa pronuncia e stessa liricità) in un elegantissimo duello che non ha vincitori nè vinti.
Nel 1710 Händel, nel suo ultimo periodo di permanenza nella penisola, ebbe modo di incontrare Nicolò Porpora, autore dell’opera Berenice, dove ammirò e forse riconobbe quella magnifica solennità che più tardi, in Inghilterra, sarebbe stato tra gli elementi di acerrima rivalità. Questo mottetto, composto nel 1744 durante un soggiorno a Venezia, dimostra già uno stile vicino allo spirito galante, nel quale la pienezza del suono italiano cede il passo, specie per la voce, ad una leggerezza ed una cantabilità più vicina all’aria Operistica; al solo recitativo accompagnato posto nel mezzo vi si ritrova, benché in parte, quell’idea di contrasti d’affetti più propria dei decenni precedenti. Forse fu proprio questo nuovo modo di comporre ad affascinare a Vienna, negli anni successivi e fino al 1755, il giovanissimo Haydn, che ne ebbe consigli, suggerimenti e stimoli.
Discorso a parte va fatto per i due componimenti strumentali presenti nel programma, il primo appartenente all’opera uno [1793] del virtuoso e poeta Giuseppe Valentini, allievo del bolognese Bononcini, romano d’adozione che in questa cittadina trovò imperitura gloria, collocandosi sul mesto declino del Corelli, le cui esibizioni, come testimonia Burney, erano sempre meno apprezzate in favore invece del violinista fiorentino. Questo modificarsi del gusto del pubblico è senza dubbio un segno del tempo e di come la tendenza fosse direzionata verso un contrasto sempre più netto tra i vari caratteri, e soprattutto verso un virtuosismo che non era proprio del fusignate Arcangelo Corelli, proiettato invece verso uno strumentismo-vocale, concetto che venne presto abbandonato benché sempre ammirato.
La Sonata di Arcomelo Arimanteo, pseudonimo usato dal Corelli quale membro dell’Arcadia, è invece un omaggio che l’Ensemble Cenacolo Musicale ha ordito nel trecentesimo della morte dell’Arcangel Terreno; si tratta di un pastiche in cinque parti, composto da movimenti di sonate dell’op. II, III e IV orchestrate a due violini, viola, violoncello e basso continuo, in favore di una pratica propria dell’epoca di trasformare le trio sonate in veri pezzi orchestrali, anche rimaneggiando le varie parti ed inserendo, come in questo caso, la viola ora come parte autonoma, ora di raddoppio, secondo un uso storicamente e propriamente detto romano.

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VOX DEI VOX POPULI
La peculiarità di questa XXII^ edizione del Festival Internazionale di Musica Sacra è stata quella di essere inscritta in un progetto più articolato di iniziativa culturale che ha partecipato ad un bando della Regione Friuli Venezia Giulia, riservato a proposte speciali. Prevede pure una rilevante mostra pittorica di Tonino Cagnolini sulla fine di Bertrando da Saint Geniès, patriarca medioevale di Aquileia, e inoltre un ciclo di seminari di approfondimento storico-artistico, percorsi guidati sui luoghi del Patriarca aquileiese e pubblicazioni specifiche.
La nostra memoria di Bertrando, assassinato nell’ambito dell’attuale comune di San Giorgio della Richinvelda, si ricollega al rinnovato impegno di recupero regionale e nazionale dell’antica Aquileia, matrice storica e religiosa non solo del Friuli Venezia Giulia, ma pure di gran parte delle regioni confinanti, del Nordest d’Italia e dell’Europa. Questa memoria si incrocia quest’anno con lo storico anniversario dell’editto di Costantino (313 d.C.) che vide la luce in una località individuata nelle prossimità dell’attuale Belgrado, il cui coro del teatro nazionale dell’Opera, chiuderà i concerti del nostro Festival.
Arricchita di tale cornice storica e interculturale, risulta sottolineata l’originalità del nostro evento musicale che da ventidue anni esprime vera internazionalità e autentico impegno di dialogo e scambio interreligioso. Un modo per cui la preghiera, la “vox Dei”, cioè la voce di Dio, diventa attraverso la musica “vox populi”, voce del popolo, dalle forme religiose più diverse, e con espressioni dalle più raffinate di elaborazione culturale, a quelle più partecipate della più larga e diversificata religiosità. Tutto questo ci sembra venga rilevato, sia pure in misura contenuta ma significativa, dal nostro programma internazionale e interreligioso di concerti che raccoglie espressioni cattoliche, ebraiche, serbo ortodosse di epoche diverse.
In sostanza, speriamo che anche questo progetto 2013, valorizzato dall’accoglienza regionale, sottolinei la coerente fedeltà dei nostri due organismi – operanti dal 1965 nelle tradizionali sinergie del Centro Culturale Casa Zanussi di Pordenone – a una vocazione di vera cultura di dialogo, scambio, qualità e grande apertura.

Luciano Padovese
Presidente Presenza e Cultura

Maria Francesca Vassallo
Presidente Centro Iniziative Culturali Pordenone

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